Quando un uomo va via di casa

Abbandono del tetto coniugale: quali conseguenze, civili e penali, per l’uomo che lascia la moglie e non vuol più far ritorno? 

Il marito va via di casa e lascia la moglie da sola: al di là di quali siano le ragioni, la legge punisce questo comportamento tutte le volte in cui non è determinato da una grave situazione di intollerabilità della convivenza. Solo quando ci sono le prove di una conclamata rottura tra i coniugi, intervenuta già prima dell’uscita di casa, è possibile l’abbandono del tetto coniugale. Diversamente si commette un illecito civile (e, a determinate condizioni, anche un reato) che comporta la possibilità di chiedere la «separazione con addebito». Con la conseguenza che, se ad andarsene è chi ha un reddito più basso, non può poi chiedere il mantenimento (è tutta qui la caratteristica del cosiddetto addebito). È quindi verosimile che, in una situazione in cui sia l’uomo ad andare via di casa, la moglie agisca contro di lui in tribunale per chiedere la separazione. Ma il giudice può obbligare a tornare a casa della moglie? Cosa può succede in caso di giudizio? È quanto chiariremo in questo articolo. Ma procediamo con ordine

Cos’è l’abbandono del tetto coniugale

Se il marito o la moglie se ne va via di casa, lasciando il coniuge da solo, commette l’illecito comunemente denominato «abbandono del tetto coniugale»: esso integra una violazione dei doveri del matrimonio, tra i quali appunto vi è la convivenza e la reciproca assistenza morale e materiale. Dunque non è tanto un discorso solo fisico, di coabitazione sotto lo stesso tetto, quanto anche il fatto che, andando a vivere da un’altra parte, il coniuge non può prendersi cura moralmente ed economicamente dell’altro, contribuendo a quella parte di compiti che il matrimonio comporta in campo sia al marito che alla moglie.

Attenzione: perché scatti l’abbandono del tetto coniugale è necessario che chi si allontana dalla casa non vi faccia ritorno almeno per un lasso di tempo lungo; un allontanamento temporaneo, per due o tre giorni, magari giustificato da una lite furibonda, non è illecito.

La fuga da casa, giustificata con la volontà di separarsi perché non si è più innamorati, anche se anticipata da una lettera è ugualmente vietata dalla legge, salvo che – come detto prima – il motivo sia da addebitare a cause imputabili all’altro coniuge (per esempio: sue gravi mancanze).

Quali sono le conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale?

La prima conseguenza per chi abbandona il coniuge è quella di subire il cosiddetto addebito. In pratica, nell’esempio da cui siamo partiti, la moglie può rivolgersi al giudice e chiedere la separazione con imputazione, al marito, della colpa per la rottura dell’unione. Ciò comporta per quest’ultimo:

  • l’impossibilità di chiedere l’assegno di mantenimento se economicamente più debole (resta il diritto a ricevere gli alimenti in caso di situazione di grave indigenza);
  • la perdita del diritto di successione in caso di morte della moglie prima del divorzio.

Oltre all’illecito civile si può anche commettere un reato e, quindi, subire una denuncia da parte della moglie abbandonata. Infatti, se il coniuge che va via di casa fa cessare all’altro i mezzi di sostentamento, privandolo ad esempio, in quanto disoccupato, dei redditi necessari per mantenere sé, i figli e l’immobile, commette anche il reato di violazione degli obblighi familiari.

In particolare, commette reato chi esce dalla casa coniugale:

  • con la volontà di non farvi ritorno almeno per un lungo lasso di tempo. Un allontanamento temporaneo non è idoneo ad integrare il reato;
  • se tale comportamento ha come conseguenza cosciente e volontaria il mancato adempimento degli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge. Il sottrarsi a tali obblighi è considerato evento dannoso indispensabile per la sussistenza del delitto in oggetto.

Risponde del reato anche chi, dopo aver lasciato la casa coniugale, continua a somministrare i mezzi di sussistenza, ma si disinteressa completamente della moglie e dei figli, rendendosi quindi inadempiente agli obblighi morali inerenti alla qualità di coniuge e di genitore.

Il giudice può obbligare il marito a tornare a casa dalla moglie?

Rispondiamo ora al quesito iniziale, se cioè il giudice può obbligare a tornare a casa dalla moglie. Nel nostro ordinamento raramente le autorità hanno poteri coercitivi di natura fisica. Nessuno può essere obbligato a fare qualcosa che non vuole, anche se sta commettendo un illecito. In pratica, ciascun cittadino è libero di fare ciò che vuole (anche illecita) assumendosene però le responsabilità e quindi dovendo poi accettare le relative conseguenze di carattere sanzionatorio (civile, penale o amministrativo). Salvo nel caso di commissione di reati che comportino l’arresto e di qualche altra rara ipotesi, la libertà personale è inviolabile. Quindi se il marito se ne va via di casa nessuna pronuncia del giudice potrà imporgli di tornare dalla moglie, ma tutt’al più lo condannerà a pagare gli alimenti e, in caso, gli addebiterà le conseguenze penali della sua condotta. Ma resta ferma la sua libertà di non far più ritorno nel tetto domestico.

Lo stesso problema si è posto con riferimento agli ex coniugi, già separati, che non vanno d’accordo e i cui frequenti litigi creano problemi psicologici nei figli; ci si è chiesto se il giudice può obbligare loro a una terapia di coppia. La risposta della Cassazione (in controtendenza dal tribunale di Roma) è stata negativa. Secondo la Suprema Corte, solo la legge può imporre trattamenti sanitari, mentre il giudice non può costringere i genitori – benché immaturi – a recarsi dallo psicologo per imparare a gestire i figli. Questo non toglie che il magistrato possa suggerire l’opportunità di un percorso guidato congiunto e/o individuale, ma nessuna sanzione può derivare dalla mancata ottemperanza all’indicazione del tribunale. La prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme – dice la Suprema Corte – è lesiva del diritto alla libertà personale garantito dalla Costituzione.

Quando è possibile abbandonare la moglie

Sono due i casi in cui l’abbandono del tetto coniugale non costituisce illecito:

  • se la coppia era già in crisi irreversibile: in tal caso non si potrà certo dire che la rottura del legame è stata determinata dall’abbandono della casa. La giurisprudenza ha infatti chiarito che l’addebito scatta solo per quelle condotte che sono causa dell’intollerabilità della convivenza e non che sono il riflesso di situazioni preesistenti. Anche il tradimento, in una situazione di coppia già compromessa, non è vietato;
  • oppure in presenza di una giusta causa che spinga fuori di casa uno dei due coniugi: determinata da avvenimenti o comportamenti di altri (dell’altro coniuge o di suoi familiari) incompatibili con il protrarsi della convivenza (ad esempio, violenze commesse da uno dei coniugi ai danni dell’altro);
  • se è già stata depositata in tribunale una domanda di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio.

Cosa succede se il marito va via di casa?

Se un coniuge lascia definitivamente la casa familiare senza il consenso dell'altro e in assenza di una giusta causa per farlo, viola l'obbligo di coabitazione. A quel punto, il coniuge abbandonato può chiedere la separazione proprio per questo motivo, ed ottenerla dal giudice con la dichiarazione di addebito.

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