Revoca carta di credito da parte della banca

Risponde Aldo Bissi del comitato scientifico di Ridare, portale di Giuffrè Francis Lefebvre che affronta tutte le tematiche in materia di risarcimento del danno e responsabilità civile.

Nel rispondere al lettore, considerato il carattere di informazione divulgativa della presente Rubrica, potrà essere opportuno premettere in che consiste la differenza tra carte di credito e carte di debito.

Entrambe sono strumenti di pagamento collegati a un conto corrente: con la prima il cliente può effettuare un acquisto presso un venditore convenzionato con il circuito di emissione della carta e regolare il pagamento alla scadenza prestabilita; meno frequente, ma possibile, è l'utilizzo della carta di credito per ottenere anticipazioni di contanti. In questo caso, l'operazione è assoggettata a commissioni a carico del cliente, è ciò spiega perché per il prelievo di contanti è molto più comune lo strumento della carta di debito.

Quest'ultima altro non è che la normale carta "bancomat", che tutti conosciamo, che può essere utilizzata sia per il prelievo di contante presso sportelli automatici (con commissioni molto più contenute, o addirittura senza commissioni) sia per il pagamento di un acquisto.

In entrambi i casi l'addebito nel conto corrente del cliente è immediatamente successivo all'utilizzo della carta.

Venendo specificamente alla domanda del lettore, l'analisi del singolo caso imporrebbe l'esame attento della documentazione contrattuale; è infatti poco probabile che il contratto non preveda affatto la possibilità per la banca, a certe condizioni, di recedere dallo stesso.

Infatti, tale facoltà è espressamente contemplata dall'articolo 125 quater del Testo unico bancario (decreto legislativo 1.9.1993 n. 385) che prevede il diritto del finanziatore di "sospendere, per giusta causa, l'utilizzo del credito da parte del consumatore".

Naturalmente, non è possibile fornire una risposta mirata sul singolo caso rappresentato senza un approfondito esame della documentazione da parte di un professionista.

Però in astratto, la facoltà di recesso e di sospensione da parte della banca esiste. In tal caso, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione, 13.6.2018 n. 15500), per poter segnalare l'avvenuto recesso dal contratto alla Centrale d'allarme interbancaria (Cai), la banca ha l'obbligo di avvertire preventivamente il cliente.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 30 marzo – 13 giugno 2018, n. 15500

Presidente Cristiano – Relatore Dolmetta

Fatto e diritto

1.- F.A. ricorre per cassazione nei confronti della società cooperativa Banco Popolare, proponendo due motivi avverso la sentenza resa dal Tribunale di Verona in data 25 febbraio 2014.

Nei confronti del ricorso resiste il Banco Popolare, che ha depositato un apposito controricorso.

2.- La controversia giunta ora all’esame di questa Corte fa riferimento a una segnalazione di “revoca” alla Centrale di Allarme Interbancaria (C.A.I.) di una carta di debito (bancomat), che l’intermediario ha posto in essere in assenza di preventiva comunicazione al titolare della carta (e attuale ricorrente). Questi si è lamentato dell’illegittimità del comportamento così tenuto dell’intermediario, in via connessa richiedendo la “rettifica” della compiuta segnalazione e la condanna al risarcimento dei danni provocatigli da siffatto comportamento, “in relazione alla lesione del diritto all’immagine commerciale e personale”.

Nel respingere le domande così formulate, il Tribunale veneto constatato che F.A. era stato “titolare di un conto corrente non affidato”, “sul quale era stato autorizzato l’uso” di una carta bancomat – ha riscontrato che il “Banco, in data 4 dicembre 2012, ha provveduto a estinguere il conto corrente e a revocare la carta di debito intestata al F. , a fronte del fatto che a partire da luglio 2011, pur in assenza di qualsiasi movimentazione del conto da parte del correntista, il conto stesso è risultato sempre in passivo, in ragione del progressivo maturare a debito sia del canone per l’uso della carta di debito che di interessi e spese”. E ha motivato la propria decisione, osservando da un lato che, sulla scorta “degli elementi di fatto sopra evidenziati, la procedura seguita dal Banco per la revoca della carta di credito e la segnalazione in C.A.I. appare conforme alle previsioni di legge e, in particolare, all’art. 10 bis, comma 1 lettera e) legge n. 386/1990, all’art. 8 Regolamento Banca d’Italia 29 gennaio 2002 e all’art. 7 d. m. Giustizia n. 458/2001”; dall’altro, rilevando pure che “la legge non prevede alcun obbligo di preavviso al correntista della revoca della carta di debito da parte dell’emittente”.

3.- I motivi di ricorso denunziano i vizi che qui di seguito vengono richiamati.

Il primo motivo (ricorso, p. 5) è intestato “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al d.m. n. 458/2001 e al Regolamento della Banca d’Italia del 29 gennaio 2002”.

Il secondo motivo (p. 6) risulta, a sua volta, intitolato “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1375 cod. civ.”.

4.- Con i motivi appena sopra richiamati, il ricorrente insiste sulla necessità – per contro esclusa dalla sentenza impugnata – che la segnalazione di revoca della carta alla Centrale di Allarme Interbancaria sia preceduta da una comunicazione inoltrata al cliente e, altresì, che questa lasci un adeguato margine di preavviso, in tal modo ribadendo l’illegittimità del comportamento tenuto dall’intermediario.

In via correlata, F. focalizza la sua censura di fondo alla sentenza impugnata sul fatto che questa ha ritenuto che sull’intermediario, che decide la revoca e la segnala in Centrale, non gravi nessun dovere, o onere, di “informazione preventiva”, “posto che non sussisterebbe alcuna fonte di legge in tal senso”.

Nello svolgere più nel dettaglio l’assunta erroneità dei rilievi formulati dal Tribunale, il ricorrente richiama, tra l’altro, la disposizione dell’art. 125 quater TUB: questa norma collega – così si segnala – la dichiarazione di recesso dell’intermediario a una sua apposita comunicazione al consumatore, altresì subordinandola a un preavviso di “almeno due mesi”.

Del resto – segnala inoltre il ricorrente – viene specialmente a rilevare, in proposito, anche il canone generale della buona fede oggettiva. Concernendo l’intero ambito dell’esecuzione del rapporto contrattuale, tale canone pure viene a coinvolgerne la fase che è rappresentata dall’esercizio del potere dell’intermediario di “revocare” la carta di debito. “La necessità che il recesso sia esercitato secondo correttezza e buona fede” – così si assume “imporrà alla banca di darne comunicazione al cliente con un congruo e ragionevole preavviso”.

“Pertanto” – conclude il ricorrente – nella specie “l’iscrizione in C.A.I. è avvenuta sulla base di una revoca inefficace”: se in discussione non è di per sé il potere dell’intermediario di recedere dal rapporto, lo sono tuttavia le concrete modalità di effettivo esercizio di tale potere.

5.- A fronte di tali rilievi, il controricorso dell’intermediario contesta, in specie, il richiamo che è stato fatto alla norma dell’art. 125 quater TUB. Tale norma – così si argomenta – “non può trovare applicazione nella fattispecie in esame, presupponendo – appunto – la stipulazione di un contratto di credito e la presenza di un soggetto “finanziatore”, non rinvenibili nel caso de quo”.

D’altro canto, pure rileva il controricorso, l’intermediario ha “ottemperato a precise disposizioni di legge”, con correlata esclusione di spazi operativi per il canone di buona fede. Sì che il comportamento tenuto si manifesta, in definitiva, “incensurabile”.

6.- Il ricorso è fondato e va quindi accolto, secondo i termini e i limiti qui di seguito indicati.

7.- Va rilevata, prima di ogni altra cosa, la sostanziale estraneità alla problematica, che qui specificamente interessa, della normativa alla cui stregua la sentenza del Tribunale veneto ha valutato positivamente il comportamento tenuto dall’intermediario (sopra, n. 2). Si tratta, in effetti, di una normativa che riguarda i doveri degli intermediari rispetto al sistema della Centrale di Allarme Interbancario e i relativi rapporti con l’Autorità amministrativa, senza in alcun modo incidere sulla sfera dei rapporti contrattuali e obbligatori che in materia si dipanano tra il singolo intermediario e i suoi clienti.

Le regole contenute in tale normativa, in realtà, non intervengono su quest’ultima sfera. A ben vedere, le stesse si limitano ad assumere il fatto della “revoca” – come già avvenuto e come in altro luogo conformato in termini compiuti – a presupposto di applicazione della normativa relativa alla Centrale e destinata alle imprese intermediarie.

Così, la norma dell’art. 10 bis legge n. 386/1990 prescrive l’inserimento dei dati relativi alle carte di pagamento “per le quali sia stata revocata l’autorizzazione all’utilizzo”; quella dell’art. 7 d. m. Giustizia n. 458/2001 dispone, a sua volta, che “i dati relativi alle carte di pagamento e alle generalità del responsabile dell’utilizzo secondo la disciplina contrattuale sono trasmessi quando è revocata l’autorizzazione all’utilizzo”; quella dell’art. 8 del Regolamento della Banca d’Itala, infine, stabilisce che “gli emittenti carte di credito che revocano dall’utilizzo di una carta di pagamento segnalano alla sezione centrale dell’archivio…”.

Lungi dall’indicare come si debba strutturare la “revoca” della carta, detta normativa si risolve nel prescrivere che le “revoche”, che siano state effettivamente poste in essere, debbono essere comunicate alla Centrale.

8.- Il passaggio successivo del discorso non può, di conseguenza, che volgersi verso la struttura dell’atto di “revoca” della carta di debito. Più specificamente, si tratta di verificare se e come, nell’ambito dello svolgimento del rapporto corrente tra l’intermediario e il cliente, il detto atto di “revoca”, come posto in essere dall’intermediario, importi una preventiva informazione del cliente.

Al riguardo, per verità, non pare fornire un ancoraggio del tutto sicuro, comunque sufficiente, il canone generale della buona fede oggettiva, invocato dal ricorrente. Nel senso, peraltro, che si viene subito a precisare.

Non può certo condividersi il rilievo dell’intermediario controricorrente, per cui la presenza in thesi di precise norme di legge eliminerebbe ogni spazio operativo al detto canone: in realtà, la funzione istituzionalmente integrativa di questo canone si manifesta solidamente fondata nel sistema vigente (cfr., in specie, l’art. 1375 cod. civ.) e da tempo acquisita dalla giurisprudenza di questa Corte. Come pure appare rispondente a un equilibrato bilanciamento dei diversi interessi in campo che l’intermediario sia tenuto a dare avviso all’utilizzatore dell’imminente comunicazione alla Centrale (secondo quanto può anche ritrarsi, in particolare, dalla vigente normativa in materia di protezione dei dati personali: cfr., così, la norma dell’art. 4 comma 7, provvedimento Garante Privacy del 16 novembre 2004, n. 8).

Sennonché, secondo l’attuale orientamento di questa Corte, le norme che prevedono obblighi comportamentali risultano, di per sé almeno, destinate a produrre solo dei doveri di ordine risarcitorio, senza venire a incidere sulla validità ed efficacia di atti posti in essere in violazione delle stesse. Laddove il tema che qui specificamente interessa concerne, invece, il riflesso della mancata informazione preventiva sull’efficacia della stessa revoca, che sia segnalata alla Centrale (con richiamo ai danni che, in quanto tali, siano conseguenza diretta e immediata di una inefficace e illegittima segnalazione alla Centrale e non già semplicemente derivanti dalla mancata informazione).

9.- Nemmeno appare propriamente centrato il richiamo, che pure viene svolto dal ricorrente, alla specifica disciplina dettata dalla norma dell’art. 125 quater TUB per il caso di exit dell’intermediario dal contratto di credito al consumo a tempo indeterminato.

Questo, tuttavia, non già per l’inesistenza in fattispecie di un’operazione di credito, secondo quanto invece affermato dall’intermediario controricorrente: posto che, atteso quanto riscontrato dalla sentenza del Tribunale, si è verificata nel caso una situazione di sconfinamento protrattasi per un periodo temporale senz’altro significativo (dal luglio 2011 al dicembre 2012, quanto meno). Quanto perché, piuttosto, l’azione a suo tempo intentata dall’attuale ricorrente è stata indirizzata in modo diretto ed esclusivo nei confronti dell’illegittima iscrizione della “revoca” della carta di debito. La stessa fa quindi riferimento al servizio di pagamento in quanto tale, a prescindere, perciò, dal rapporto di “provvista” (che nel concreto sia di deposito, poi, oppure di fido, o di sconfinamento, qui non rileva) posto alla base di detto servizio.

10.- Opportuna, e idonea al riguardo, si manifesta invece la qualificazione, che il ricorrente pone come presupposto primo del richiamo alla norma dell’art. 125 quater TUB, della “revoca” della carta di debito come atto di recesso dell’intermediario dal rapporto di servizio di pagamento in essere con l’utilizzatore della carta (così come stabilisce, del resto, la normativa degli artt. 126 bis ss. TUB. per il conto di pagamento).

In proposito va in modo particolare sottolineato che l’”autorizzazione” all’uso della carta di debito suppone di necessità la sussistenza di un patto, intercorrente tra intermediario e cliente, che tale autorizzazione fondi e governi anche in termini disciplinari. Correlativamente, sotto il profilo tecnico giuridico, la c.d. “revoca” della carta di debito viene in sé stessa a integrare un’ipotesi di recesso dal rapporto contrattuale che correva tra le parti.

La “revoca” della carta di debito, per poter essere efficacemente iscritta in Centrale, deve dunque rispettare le modalità di corretto esercizio del recesso dal patto che sono previste nel nostro ordinamento.

Ora, secondo i principi generali del vigente nostro sistema, il recesso è in ogni caso un negozio unilaterale recettizio. Per potere essere in grado di produrre effetti, lo stesso deve pertanto essere preventivamente comunicato alla controparte contrattuale, secondo la prescrizione della norma dell’art. 1334 cod. civ..

11.- Nel caso in esame l’intermediario non ha provveduto a comunicare al cliente la dichiarazione del proprio recesso dal rapporto di cui alla carta di debito.

Ne consegue l’inefficacia della revoca e della correlata segnalazione. Ne consegue, altresì, l’assorbimento dell’ulteriore profilo sollevato dal ricorrente, come inerente alla rilevanza di un idoneo termine di preavviso.

12.- In conclusione, accolto il ricorso, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata al Tribunale di Verona, che, in diversa composizione, la deciderà in conformità ai principi suesposti e pure provvederà a liquidare le spese inerenti al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia al Tribunale di Verona che, in diversa composizione, provvederà pure a liquidare le spese relative al giudizio di legittimità.

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