Le formazioni delle squadre di serie a

Si fa spesso un gran parlare (soprattutto in Italia) di programmazione a lungo termine. Che sia a livello di sviluppo del talento dei giocatori o a livello puramente economico e di sostenibilità, programmazione sembra essere diventata una delle parole chiave del calcio moderno. C’è però una nazione che è già avanti letteralmente di 100 anni nella sua visione del mondo del pallone. Stiamo parlando del Giappone, che ha già un suo piano per dominare nei prossimi decenni il mondo del calcio.

IL “100 YEAR PLAN”

Tutto iniziò nel 1992 con la creazione del primo vero campionato professionistico giapponese, la J.League. Prima di allora, il calcio in Giappone era praticato a livello dilettantistico fino agli anni ’80, quando il soccer nipponico cadde una profonda crisi dettata dalla perdita di appeal che questo aveva nel pubblico.

Furono un uomo e il suo piano visionario a far emergere l’amore del Sol Levante per il calcio. Saburo Kawabuchi, primo presidente dall’allora neonata J.League e futuro presidente della JFA, inisieme ai suoi collaboratori diede vita al “100 year plan”. Un piano che avrebbe portato il calcio nipponico ai vertici mondiali.

Al neonato campionato presero parte 10 squadre, ma il piano di Kawabuchi aveva come fine il raggiungimento delle 100 squadre professionistiche entro i successivi 100 anni. Inoltre l’allora presidente della J.League puntava a creare un campionato che, nel tempo, avrebbe rivaleggiato con i migliori campionati al mondo. E, soprattutto, di creare una nazionale che avrebbe potuto vincere un Mondiale entro il 2092.

Le fatiscenti strutture sportive e gli stadi vennero ammodernati ai club veniva inoltre richiesta una sostenibilità economica in grado di resistere alle eventuali crisi. Attratte dal potenziale del nuovo torneo, anche alcune vecchie glorie del calcio mondiale vennero a giocare gli ultimi anni di carriera in Asia.

Giocatori del calibro di Dunga, Gary Lineker, Zico, Leonardo e persino i nostri Totò Schillaci e Daniele Massaro giocarono nella J.League dei primi anni 90. Queste leggende del calcio dell’epoca, oltre a migliorare il livello tecnico del campionato, portarono un gran numero di fan negli stadi. Così, nel giro di tre anni dalla fondazione del torneo, si arrivarono a registrare oltre 20 mila spettatori di media a partita.

Il 100 year plan è ovviamente seguito ancora oggi dalla JFA. Infatti, tutte le squadre professionistiche sono obbligate a seguire il “100 year plan status” per poter accedere ai campionati di J.League, J2 League e J3 League. Le regole da rispettare per i club sono molte. Avere una salda sostenibilità economica, avere degli impianti e uno stadio idonei, sviluppare un buon settore giovanile, creare un legame profondo e radicato con la tifoseria e con la città di appartenenza e avere (e non poteva essere altrimenti) una visione d’insieme che duri 100 anni.

LA “JFA DECLARATION” DEL 2005

Dopo appena 12 anni dalla fondazione della J.League e spinta dal successo del Mondiale del 2002, organizzato insieme alla Corea del Sud, la federcalcio nipponica decise di alzare ulteriormente l’asticella con la “JFA declaration” del 2005, un documento in cui viene definito l’obiettivo finale: diventare campioni del mondo entro il 2050.

Come il teatro Kabuki, che è diviso in vari atti, anche il documento del 2005 contiene i tre step fondamentali che la federazione dovrà compiere per l’evoluzione del calcio in Giappone. Il primo da raggiungere entro il 2015, il secondo entro il 2030 e il terzo entro il 2050. In mezzo, degli obiettivi di breve-medio termine di durata triennale, che possono però essere modificati ogni anno a seconda delle circostanze.

Infatti, nello step del 2015 la nazionale di calcio maschile avrebbe dovuto raggiungere i 5 milioni di fan e la top 10 del ranking FIFA. Il secondo punto non è stato purtroppo realizzato, in quanto la nazionale asiatica si piazzava addirittura al 29esimo posto.

Ciò ha portato a delle modifiche del piano che dovrebbe portare al secondo step del 2030. Dove si dovranno raggiungere un totale di 8 milioni di tifosi, organizzare un Mondiale di calcio in Giappone e raggiungere il quarto posto nel ranking FIFA. Ma prima devono essere raggiunti gli obiettivi del triennio. Il piano che va dal 2019 al 2022, per esempio, dovrebbe portare il raggiungimento dei 6,4 milioni di tifosi e della top 10 del ranking FIFA.

Tra gli obiettivi anche quelli relativi ai giochi olimpici di Tokyo 2020. Purtroppo anche questi non realizzatisi, visto che l’obiettivo di ottenere una medaglia nel calcio è sfumato sia nel torneo maschile che in quello femminile. Nel primo caso i nipponici hanno chiuso la kermesse al quarto posto. Le donne hanno invece alzato bandiera bianca ai quarti di finale.

Ciononostante, resta comunque tra gli obiettivi il raggiungimento dei quarti di finale a Qatar 2022. Come rivelato anche dal ct dei Blue Samurai, Hajime Moriyasu. Il piano espone inoltre i traguardi da raggiungere anche per la nazionale femminile, le varie nazionali giovanili, quella del futsal e persino quella del beach soccer.

Nel piano di breve termine 2022-2025, oltre il raggiungimento dei quarti di finale al Mondiale qatariota, sono presenti come obiettivi: la vittoria dei Mondiali under 20 e under 17 sia maschile che femminile (nei tornei femminili però sono arrivati solo i quarti di finale per l’under 17 e un secondo posto nell’under 20), la vittoria dell’oro olimpico nel 2024, del Mondiale di beach soccer nel 2025 e del raggiungimento dei quarti di finale nel Mondiale di futsal nel 2024.

La nazionale di calcio del #Giappone ha definito gli obiettivi a medio-termine per il 2030. 🧐

Trovate tutti i dettagli sul nostro sito https://t.co/sC1AAdfTg5 ⚽ pic.twitter.com/NScRXUKTq7

— Numero Diez (@NumeroDiez_10) November 21, 2022

I RISULTATI FINORA RAGGIUNTI SONO COMUNQUE ECCEZIONALI

Sebbene, come avrete potuto notare, la federazione giapponese debba spesso rivedere i propri piani di grandezza, i risultati raggiunti sono comunque eccezionali. Considerando che il calcio nel Sol Levante è diventato uno sport professionistico neanche 30 anni fa, il Giappone ha raggiunto dei traguardi che vanno riconosciuti.

Dai 1o club della prima edizione della J.League, si è passati agli attuali 60 club professionistici. Divisi ovviamente fra le varie gerarchie del campionato nipponico.

Dal 1992 a oggi la nazionale ha vinto per ben quattro volte la Coppa d’Asia maschile e due volte quella femminile. Ha raggiunto la fase finale di un Mondiale per la prima volta nel 1998 e da allora ha sempre partecipato. Sempre parlando della nazionale del ’98 si può notare come tutti i membri di quella rosa fossero giocatori della J.League. Nella rosa di Qatar 2022, invece, sono solo sei gli elementi provenienti dal campionato giapponese. Il resto dei giocatori gioca in Europa.

Questa è un’ulteriore conferma dello sviluppo dei talenti di scuola giapponese, che ora sono ambiti anche dai top team europei. Si è passati dalla generazione di Shunsuke Nakamura e di Hidetoshi Nakata, a quella di Shinji Kagawa, Keisuke Honda e Shinji Okazaki. E anche oggi i talenti al Giappone non mancano di certo.

Takefusa Kubo, Takumi Minamino, Takehiro Tomiyasu. Questi sono solo alcuni dei giovani che avranno una vetrina importante proprio in questo Mondiale. Sebbene l’obiettivo dei quarti di finale sia molto difficile da realizzare per colpa di un sorteggio poco fortunato. In un girone con Spagna e Germania difficilmente superabile.

Le potenzialità del gruppo però ci sono tutte, e al 2050 mancano ancora 28 anni. Se le premesse sono queste non sarebbe poi tanto folle puntare, in meno di un trentennio da oggi, alla conquista della Coppa del Mondo.