Cos è il periodo di comporto malattia

Periodo di comporto (d. lav.)

È il periodo di tempo durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, nonostante l'esecuzione della prestazione venga sospesa per fatto inerente alla sua persona.

Nei casi espressamente previsti dalla legge (o dalla contrattazione collettiva), il contratto dunque non si risolve e si ha semplicemente una sospensione del rapporto di lavoro: rilevanti, a tal fine, sono le ipotesi della malattia, dell'infortunio, della gravidanza, del puerperio, del richiamo alle armi o della chiamata per obblighi di leva.

Il (—) può corrispondere ad un'unica assenza continuata (cd. comporto unitario), ovvero a più assenze frazionate nel tempo (cd. comporto per sommatoria).

Alla delimitazione della durata del (—) provvede di regola la contrattazione collettiva di categoria o aziendale con disposizioni che stabiliscono termini differenziati a seconda delle qualifiche, delle anzianità di servizio e delle diverse categorie aziendali.

Si osserva infine che il licenziamento eventualmente intimato durante il (—) è assolutamente inefficace, ma solo per il periodo stesso in cui sussiste la causa impeditiva della sua operatività. La giurisprudenza ha peraltro precisato che l'effetto sospensivo non si verifica se ricorre una giusta causa di licenziamento, sussistendo in tal caso una situazione che non consente la prosecuzione del rapporto, neanche in via temporanea.

Il superamento del (—) consente al datore di intimare il licenziamento per sopravvenuta impossibilità del prestatore di adempiere all'obbligazione di lavoro.

Lo Stato mi tutela?

Prima di entrare nel cuore della questione, è utile sapere che nella Costituzione italiana, la nostra salute viene considerata di grande importanza, nell’art 43 possiamo, infatti, leggere:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività

Questo nostro diritto alla salute, si deve manifestare in qualsiasi ambito, quindi, anche in quello lavorativo.

Proprio per concretizzare questo concetto è stato introdotto il periodo di comporto, cioè un determinato periodo di tempo nel quale un lavoratore ha il diritto di restare a casa e curarsi, percependo lo stesso un compenso mensile, e senza rischiare di perdere il lavoro.

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Periodo di comporto: cos’è?

Il comporto è un particolare periodo di tempo concesso a un lavoratore che deve assentarsi per occuparsi della propria salute, quindi in caso di  malattia, infortunio, gravidanza o maternità.

Nei contratti collettivi nazionali del lavoro (C.C.N.L) sono previsti due tipi di periodi malattia, e sono i seguenti:

  • comporto secco, detto anche unitario: l’assenza avviene per un unico periodo continuativo
  • comporto per sommatoria, detto anche frazionato: se sono presenti più assenze frazionate nel tempo, in questo caso nel contratto viene stabilito il limite massimo di giorni di malattia totali

Come viene calcolato?

La durata del periodo di comporto è stabilita in tutti i contratti di lavoro, nei quali i limiti temporali vengono specificati chiaramente. 

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Per entrambe le tipologie di comporto, secco e per sommatoria, si devono considerare anche i giorni non lavorativi come il sabato e la domenica, le festività infrasettimanali e le giornate di sciopero, che cadono nel periodo di malattia. 

Tale discorso è diverso solamente per quanto riguarda situazioni particolari come gravidanza e maternità.

Proviamo a fare un esempio per quanto riguarda il contratto collettivo dei metalmeccanici, il periodo di malattia consentito è di:

  • 6 mesi per un’anzianità lavorativa fino a 3 anni
  • 9 mesi per un’anzianità lavorativa da 3 anni a 6 anni
  • 12 mesi per un’anzianità lavorativa di oltre 6 anni

Quali sono i miei diritti?

Il principale diritto ad essere tutelato è quello alla salute, che non può essere messa in secondo piano rispetto alle esigenze lavorative o aziendali.

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Il lavoratore ha anche il diritto di conservare il proprio posto di lavoro e la retribuzione. Il datore di lavoro, quindi, non può decidere di licenziare un proprio dipendente durante il periodo di comporto.

Inoltre, ha il diritto a ricevere una indennità giornaliera di malattia, comunemente a carico dell’Inps ma anticipata dal datore di lavoro. 

Se il titolare decide di licenziare il lavoratore in malattia, tale atto diventa nullo, in quanto palesemente vietato per legge. Ovviamente può riproporre il licenziamento al termine del periodo di comporto

Periodo di comporto: quando mi possono licenziare?

Esiste una eccezione al divieto di licenziamento sopra citato. Infatti, come in tutti gli altri casi, è possibile licenziare un dipendente se è presente una giusta causa durante il periodo di comporto.

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Se, invece,  la malattia del lavoratore supera il periodo di comporto stabilito nel contratto di lavoro, l’azienda può attuare il licenziamento, comunicando comunque un periodo di preavviso. 

Non essendo un licenziamento disciplinare, però, non necessita di contestazione, basta semplicemente che venga superato il limite temporale previsto. In questo caso si tratta di licenziamento per superamento del periodo di comporto e il datore di lavoro non è tenuto a dare prova di una giusta causa.

A tale proposito sono nate delle divergenze di opinione in merito al dovere informare o meno il dipendente sull’imminente scadenza del suo periodo di malattia previsto dal contratto.

La giurisprudenza prevalente ha dichiarato che un obbligo di questo tipo non esiste. Il datore di lavoro infatti ha il compito di informare il lavoratore su determinate questioni solamente se quest’ultimo ne fa richiesta. 

Dopo il comporto è possibile il congedo parentale?

Se al superamento del periodo di comporto l’azienda concede al lavoratore un congedo parentale, ovviamente non può più recedere il contratto. Il licenziamento, infatti, è incompatibile con la volontà di continuare a mantenere un dipendente, con il congedo concesso.

Ma di cosa si tratta? Dopo il periodo di astensione dal lavoro previsto per legge, un lavoratore può chiedere in maniera facoltativa un ulteriore periodo di tempo, per motivi familiari.

Ad esempio una lavoratrice madre, che ha terminato il suo periodo di maternità (periodo di comporto), previsto dal contratto, ma ha la necessità di assentarsi per altro tempo può chiedere un congedo parentale.

Quando torno al lavoro?

Quando lo stato di salute lo permette il lavoratore può tranquillamente tornare al suo lavoro, senza alcun tipo di problema.

La questione è più complessa se il soggetto ha superato il periodo di comporto. In questo caso il datore di lavoro avrebbe la possibilità di licenziarlo anche senza una giusta causa.

Ma non deve accadere per forza, non esiste infatti un obbligo di licenziamento.

La decisione in ogni caso deve essere presa in modo tempestivo, non deve trascorrere un periodo di tempo troppo ampio dalla riammissione al lavoro e la decisione di recedere il contratto.

Ovviamente, il datore di lavoro non perde il diritto di licenziare in generale, semplicemente non potrà farlo in questo caso, per motivi legati al periodo di comporto.

Come si calcola il periodo di comporto per malattia?

Invece applicando la regola numeratione dierum [ 365 ( giorni / 12 (mesi) = 30,42 (giorni) x 18 ( mesi) = 547, 5 giorni) il comporto si sarebbe configurato al 548° giorno di malattia .

Cosa succede alla fine del periodo di comporto?

Una volta superato il periodo di comporto il datore di lavoro può ancora procedere al licenziamento anche qualora il lavoratore rientri in servizio poiché l'accettazione della prestazione non comporta rinuncia al potere di recesso.

Come si azzera il periodo di comporto?

Azzeramento periodo di comporto, quando avviene Può infatti chiedere al datore di lavoro - subito prima della fine del periodo di comporto per malattia e non successivamente - di trasformare le giornate di assenza per malattia in giornate di ferie.

Quali giorni di malattia non rientrano nel comporto?

Non concorrono alla determinazione del conteggio dei giorni di malattia nel periodo di comporto: Le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall'INAIL; I 30 gg. di congedo per cure per invalidi ex art.