Il petrolio è rinnovabile o non rinnovabile

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Sono fonti primarie non rinnovabili i combustibili fossili e l'uranio. Della prima categoria fanno parte il carbone e gli idrocarburi, questi ultimi ripartiti in petrolio e gas naturale. Nel loro insieme le fonti non rinnovabili coprono la quasi totalità (per la precisione, il 96,5%) dei consumi mondiali d'energia. Si tratta perciò di risorse strategiche, il cui controllo ha condizionato e condiziona le vicende politiche ed economiche del pianeta. I combustibili fossili , inoltre, a causa della rapidità con cui sono utilizzati, sono soggetti a esaurirsi in un tempo relativamente breve , calcolato nel complesso intorno ai 150 anni. Per un quadro complessivo delle produzioni del comparto si vedano le tabelle da 2.2.2 a 2.2.7.

  • Il petrolio

Con una produzione di quasi 3,5 miliardi di tonnellate annue, pari al 40% del consumo energetico globale, il petrolio è in assoluto la principale fonte d'energia del mondo contemporaneo, tanto da meritarsi l'appellativo di "oro nero". Le sue principali zone d'estrazione si concentrano in tre grandi aree: il Medio Oriente, che da solo copre un terzo della produzione mondiale, il Nordamerica (USA, Messico, Canada), e la CSI (Russia, Kazakistan, Azerbaigian, soprattutto). Altre importanti zone si trovano in Africa settentrionale (Libia, Algeria, Egitto) e occidentale (Nigeria, Gabon, Angola), America del Sud (soprattutto il Venezuela) e Asia sudorientale (Indonesia, Brunei, Malaysia).La storia del petrolio accompagna momenti importanti della storia contemporanea. La sua fase pionieristica comincia in sordina negli Stati Uniti, con la trivellazione, nel 1850, del pozzo di Titusville in Pennsylvania destinato a produrre cherosene per l'illuminazione. Già nel 1879, tuttavia, con la creazione della Standard Oil of California (Socal), nasce la prima grande società del settore, gettando le premesse per lo sviluppo dei colossi petroliferi che domineranno la scena economica mondiale fino alle multinazionali dei giorni nostri (figura 2.2.1).

L'internazionalizzazione del sistema petrolifero è abbastanza precoce, coincidendo col diffondersi della motorizzazione di massa negli Stati Uniti, poi in Europa, nella prima metà del '900. Di pari passo si ha l'ascesa di un ristretto numero di compagnie europee (le odierne BP e Shell) e americane (la Socal e le odierne Exxon, Chevron e Texaco), le cosiddette "Sette Sorelle ", che monopolizzano il mercato per diversi decenni.Nel secondo dopoguerra, in concomitanza con la decolonizzazione, si manifestano le prime crisi del settore. Nel 1960 alcuni tra i maggiori produttori di greggio si consorziano nell'OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries, Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, con sede a Vienna, sito Internet: www.opec.org), che arriva a raggruppare 11 Stati di tre continenti (Algeria, Libia e Nigeria, in Africa; Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait e Qatar, in Asia; Venezuela, in America Latina) e a controllare il 40% dell'estrazione mondiale di "oro nero".

Nel frattempo s'incrina il fronte delle Sette Sorelle, i cui interessi entrano in collisione per le concessioni sui giacimenti petroliferi della Nigeria meridionale (guerra del Biafra , 1967-70).La crisi vera e propria scoppia in concomitanza con la guerra arabo-irsaeliana dello Yom Kippur del 1973, quindi con la guerra Iran-Iraq (1980-88), in conseguenza delle quali il prezzo del greggio aumenta di 12 volte in sette anni.Impennate nei prezzi petroliferi, ma di minor ampiezza, si ripeteranno ancora in occasione della guerra del Golfo del 1991 e nel 2000, in quest'ultimo caso determinate soprattutto dalla politica dell'OPEC di rallentare l'estrazione di greggio in previsione dell'esaurimento dei giacimenti dei paesi membri.

A livello mondiale le riserve accertate di greggio sono di circa 140 milioni di tonnellate, per due terzi situate nei paesi che si affacciano sul Golfo Persico, con una previsione di esauribilità intorno al 2050. Per il commercio mondiale di combustibili si vedano le tabelle 2.2.8, 2.2.9, 2.2.10.

  • Il gas naturale

Terza fonte d'energia , dopo petrolio e carbone, il gas naturale (o, meglio, i "gas naturali", trattandosi di miscele diverse di idrocarburi il cui componente base è il metano associato in varia misura ad altri gas, come propano, butano, pentano ecc.) copre circa il 23,5% del fabbisogno energetico mondiale , con una produzione annua di circa 2350 miliardi di metri cubi. Quasi il 60% di tutto il gas estratto proviene da tre soli paesi, Russia, USA, Canada (anche se la quota canadese eccedente gli usi interni è assorbita quasi interamente dagli Stati Uniti), mentre circa un altro 10% proviene dai giacimenti del Mare del Nord (Regno Unito, Paesi Bassi, Norvegia). A favore del gas naturale gioca il fatto che, tra i combustibili fossili, è senz'altro quello meno dannoso per l'ambiente, rilasciando durante la combustione solo emissioni di ossido d'azoto.A sfavore giocano invece gli elevati costi di trasporto , potendo esser distribuito a pressione attraverso gasdotti (che coprono appena il 16% dell'export mondiale), o trasferito liquido a basse temperature mediante navi metaniere (che coprono però soltanto il 4% dell'export mondiale, essenzialmente diretto in Estremo Oriente), ciò che comporta una commercializzazione del prodotto molto frazionata in mercati locali.

Le riserve mondiali accertate di gas naturale sono di circa 144 miliardi di metri cubi, per il 40 % situate in Russia, con una previsione di esauribilità di dieci anni superiore a quella del petrolio, anche se i giacimenti di gas idrati scoperti sui fondali marini (figura 2.2.2) possono far oltrepassare il limite del 2060.

  • Il carbone

Seconda fonte d'energia , dopo il petrolio, il carbone copre il 27% dei consumi energetici mondiali, ed è anche il combustibile fossile più diffuso del mondo, con una produzione annua di 4,1 milioni di tonnellate, e il protagonista assoluto delle prime fasi del processo d'industrializzazione. Secondo l'origine, il carbone si divide in due grandi categorie: i carboni fossili, formatisi in natura attraverso processi geologici (antracite, litantrace, lignite, torba), e i carboni artificiali, ottenuti dall'uomo mediante processi di distillazione, come il coke, e utilizzati come materia prima nell'industria siderurgica. Per quanto riguarda le zone d'estrazione, oltre il 70% del carbon fossile proviene da cinque paesi (Cina, USA, India, Russia e Polonia), mentre si prevede che nei prossimi decenni aumenterà l'apporto di altri fornitori, quali il Sudafrica, l'Australia e l'America Latina. Dopo decenni di stagnazione del mercato carbonifero in favore del petrolio, si prevede altresì un incremento dei consumi annui di carbone intorno all'1,6-2%, in vista di una maggior differenziazione delle fonti d'energia.

A favore del carbone giocano, infatti, i bassi costi energetici (per produrre un chilowatt d'energia il carbone costa 3,6 centesimi di dollaro USA contro i 5 del gas naturale e i 5,2 del petrolio), la sua possibilità di essere convertito in combustibili liquidi e gassosi ad alto rendimento energetico, e l'esigenza di risparmiare le riserve petrolifere.Decisamente a sfavore del carbone sono tuttavia l' alto tasso d'inquinamento rispetto a gas e petrolio a causa delle emissioni di anidride carbonica e ossidi di zolfo derivanti dalla sua combustione, gli elevati costi di trasporto, ma soprattutto il fatto che appena l'11% del carbone estratto entra nel commercio internazionale (tutto il carbone prodotto da Cina e India, pari circa al 40% del totale mondiale, è consumato nei due paesi).Un vantaggio relativo del carbone è costituito infine dall'abbondanza delle riserve mondiali, ipotizzate intorno agli 800 miliardi di tonnellate, con un'esauribilità intorno ai 250 anni.

  • L'uranio

L'uranio è utilizzato come combustibile base nelle centrali nucleari a fissione (che generano, cioè, energia attraverso la scissione del nucleo dell'atomo), la cui produzione copre il 6% del fabbisogno energetico mondiale (tab. 2.2.11).Annualmente l'estrazione d'uranio s'aggira sulle 35.000 tonnellate, provenienti per il 40% da due soli paesi, il Canada e l'Australia. Di rado, la materia prima è abbastanza pura da poter essere impiegata direttamente nei reattori atomici. Più di sovente, il minerale estratto deve venire preliminarmente " arricchito" mediante sofisticati processi industriali, per i quali solo le maggiori potenze nucleari dispongono di tecnologie adatte. Queste stesse potenze detengono quindi il controllo della produzione di combustibili fissili.Ultima arrivata tra le fonti non rinnovabili (le prime centrali risalgono al 1955), l'energia nucleare entra prepotentemente sul mercato con la crisi petrolifera del 1973, sollevando tuttavia presto inquietudini circa la sua pericolosità dopo l'incidente occorso al reattore statunitense di Three-Mile Island nel 1979, e soprattutto dopo quello della centrale sovietica di Cernobyl, in Ucraina, nel 1986.

Da allora, mentre alcuni paesi, come l'Italia nel 1987, abbandonano i programmi di sviluppo d'impianti a fissione, altri paesi proseguono nella costruzione di centrali, raggiungendo un elevato tasso di dipendenza dall'elettronucleare (78% in Francia, 76% in Lituania, 60% in Belgio).Sul tappeto restano in ogni caso una serie di problemi: a fronte dell'alto rendimento energetico di questa fonte, stanno gli alti costi d'investimento e i lunghi tempi di realizzazione degli impianti, le preoccupazioni circa la loro sicurezza, e la questione irrisolta della gestione delle scorie radioattive, il cui decadimento richiede migliaia d'anni.Quanto alle riserve mondiali d'uranio si hanno solo dati orientativi intorno a 5 milioni di tonnellate di materia prima, con un'esauribilità intorno ai 140 anni.

Tabella

  export import
Quota dell'industria estrattiva sul totale delle merci
Mondo 7,3 7,3
Nordamerica 3,2 6,6
America Latina 12,8 7,0
Europa occidentale 3,3 5,6
Europa centrorientale, Stati baltici, CSI 19,0 9,0
Africa 39,5 8,2
Medio Oriente 67,2 4,7
Asia 4,1 10,7
Quota dell'industria estrattiva sui prodotti del settore primario
Mondo 36,5 36,5
Nordamerica 19,9 43,3
America Latina 32,7 37,8
Europa occidentale 20,9 28,9
Europa centrorientale, Stati baltici, CSI 50,0 36,8
Africa 59,0 30,7
Medio Oriente 92,0 22,8
Asia 30,7 42,8

Tabella

  1990 1999
  impianti Mwe impianti Mwe
Europa occidentale 151 119.111 150 120.700
Nordamerica 131 113.750 132 115.500
Asia 60 41.051 101 69.500
Europa orientale-URSS/CSI 64 43.752 78 57.300
America Latina 4 2.215 5 3.500
Africa 2 1.842 2 1.850
Totale mondiale 412 321.721 468 368.350

Tabella

  milioni di t percentuale
Arabia Saudita 450 12,9%
USA 375 10,7%
Russia 290 8,3%
Iran 185 5,3%
Venezuela 175 5,0%
Messico 170 4,9%
Cina 165 4,7%
Regno Unito 127 3,6%
Emirati Arabi Uniti 123 3,5%
Canada 120 3,4%
Nigeria 115 3,3%
Kuwait 105 3,0%
Altri 1.090 31,2%
Totale mondiale 3.490 100,0%

Tabella

  milioni di t percentuale
Arabia Saudita 35.000 25,0%
Iraq 15.000 10,7%
Kuwait 13.300 9,5%
Iran 12.700 9,1%
Emirati Arabi Uniti 12.500 8,9%
Venezuela 10.300 7,4%
Russia 7.000 5,0%
Messico 5.700 4,1%
Libia 3.900 2,8%
USA 3.700 2,6%
Cina 3.300 2,4%
Altri 17.600 12,6%
Totale mondiale 140.000 100,0%

Tabella

  miliardi di metri cubi percentuale
Russia 650 27,7%
USA 540 23,0%
Canada 170 7,2%
Regno Unito 90 3,8%
Paesi Bassi 87 3,7%
Indonesia 70 3,0%
Algeria 65 2,8%
Norvegia 46 2,0%
Arabia Saudita 43 1,8%
Uzbekistan 42 1,8%
Iran 41 1,7%
Malaysia 40 1,7%
Altri 466 19,8%
Totale mondiale 2.350 100,0%

Tabella

  miliardi di metri cubi percentuale
CSI 56.000 38,9%
Iran 23.000 16,0%
Qatar 8.500 5,9%
Emirati Arabi Uniti 5.800 4,0%
Arabia Saudita 5.400 3,8%
USA 4.700 3,3%
Venezuela 4.000 2,8%
Algeria 3.700 2,6%
Nigeria 3.200 2,2%
Iraq 3.100 2,2%
Indonesia 2.000 1,4%
Altri 24.600 17,1%
Totale mondiale 144.000 100,0%

Tabella

  miliardi di t percentuale
Cina 1.350 32,9%
USA 880 21,5%
India 270 6,6%
Russia 230 5,6%
Sudafrica 195 4,8%
Australia 190 4,6%
Polonia 165 4,0%
Altri 820 20,0%
Totale mondiale 4.100 100,0%

Tabella

  tonnellate percentuale
Canada 10.500 30,0%
Australia 3.700 10,6%
Niger 3.000 8,6%
USA 2.400 6,9%
Russia 2.100 6,0%
Namibia 2.000 5,7%
Uzbekistan 2.000 5,7%
Sudafrica 1.650 4,7%
Kazakistan 1.650 4,7%
Ucraina 1.000 2,9%
Francia 1.000 2,9%
Altri 4.000 11,4%
Totale mondiale 35.000 100,0%

Tabella

  valore (miliardi $ USA) variazione annua
in percentuale
  401  
1980-85   -5,0%
1985-90   0,0%
1990-99   1,0%
1997   1,0%
1998   -26,0%
1999   19,0%
Quota nell'export mondiale di merci   7,3%
Quota nell'export mondiale di prodotti del settore primario   36,5%

Tabella

  valore
(miliardi $ USA)
variazione annua in percentuale
  1999 1990-99 1998 1999
Medio Oriente verso l'Asia 62,7 3 -33 24
Intra-Europa occidentale 59,7 1 -24 10
Intra-Asia 48,5 3 -25 14
America Latina verso il Nordamerica 23,9 2 -32 36
Europa centrorientale, Stati baltici, verso l'Europa occidentale 21,1 -1 -26 21
Africa verso l'Europa occidentale 20,3 -4 -28 7

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Figura 2.2.1 Le principali multinazionali petrolifere

Il petrolio è rinnovabile o non rinnovabile

Figura 2.2.2 I giacimenti di gas idrati

Qual è la fonte non rinnovabile?

Le fonti non rinnovabili sono i combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas naturale. Questi non possono essere sostituiti una volta esauriti. Quando vengono estratti dal suolo, impiegano molto tempo per formarsi naturalmente attraverso la decomposizione di piante e animali.

Quante sono le fonti non rinnovabili?

Appartengono a questo gruppo i combustibili fossili, il carbone, il gas naturale, il petrolio e l'uranio.

Qual è l'energia più rinnovabile?

Tra le principali fonti rinnovabili, l'energia più pulita è quella proveniente dalla luce del sole o dalla forza del vento, definite rispettivamente energia solare ed energia eolica.

Quali sono le risorse rinnovabili e non rinnovabili?

Mentre le energie rinnovabili sono riconducibili a fonti naturali non soggette ad esaurimento, quelle non rinnovabili si dividono a loro volta in due grandi categorie: i combustibili fossili e nucleari. Vediamo nello specifico come vengono prodotte e qual è il loro impatto sull'ambiente.